I controlli amministrativi rappresentano, com’è noto, l’attività di verifica di conformità degli atti e delle attività ai modelli predeterminati dal legislatore. La legge costituzionale 3/2001, che ha recepito i modelli di governance di matrice comunitaria, è intervenuta modificando profondamente il sistema dei controlli disciplinato un secolo addietro dalla legge generale di contabilità di Stato, dal Testo Unico delle leggi comunali e provinciali e dal Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti. La progressiva “dequotazione” del controllo preventivo sugli atti rappresenta la conseguenza di un graduale processo di federalismo amministrativo avviato con la Legge Bassanini che ha avuto come effetto la eliminazione del potere di controllo delle Regioni sugli atti degli enti locali. In particolare, la legge di riforma del Titolo V della II parte della Costituzione ha prodotto l’abrogazione dell’articolo 130 e il coevo assetto istituzionale delineato nel Testo Unico degli Enti locali. Ma l’attuale quadro normativo deve ritenersi abbia definitivamente delineato un modello “debole” di controlli o, piuttosto, possono ancora individuarsi margini di controllo da parte di Organi regionali sulla attività degli Enti locali? A distanza di più di 15 anni dal delineato assetto pare assistersi alla esigenza amministrativa di rigenerare il sistema dei controlli bilanciando, con cautela, le diverse esigenze degli attori che operano nell’ambito dell’amministrazione pubblica, nonostante il legislatore nazionale manifesti ancora la volontà di sopprimere il residuale controllo “indipendente” esercitato, ad esempio, dal Segretario comunale, nei confronti dell’attività amministrativa dell’Ente locale. Un ripensamento del legislatore è auspicabile ed anzi si impone, ottenendosi diversamente l’effetto di paralizzare irrimediabilmente l’azione amministrativa e demandando alla giurisdizione funzioni e ruoli di controllo che portano a snaturare il ruolo della stessa magistratura. Infatti, la inevitabile conseguenza di tale modello di controllo è quello di condurre l’amministrazione all’omissione, ossia ad un patologico “attendismo” della pronuncia giudiziaria prima di quella gestionale.

I controlli amministrativi “speciali” delle Regioni: un nuovo modello di amministrazione indiretta

Giacomo Gargano
2018-01-01

Abstract

I controlli amministrativi rappresentano, com’è noto, l’attività di verifica di conformità degli atti e delle attività ai modelli predeterminati dal legislatore. La legge costituzionale 3/2001, che ha recepito i modelli di governance di matrice comunitaria, è intervenuta modificando profondamente il sistema dei controlli disciplinato un secolo addietro dalla legge generale di contabilità di Stato, dal Testo Unico delle leggi comunali e provinciali e dal Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti. La progressiva “dequotazione” del controllo preventivo sugli atti rappresenta la conseguenza di un graduale processo di federalismo amministrativo avviato con la Legge Bassanini che ha avuto come effetto la eliminazione del potere di controllo delle Regioni sugli atti degli enti locali. In particolare, la legge di riforma del Titolo V della II parte della Costituzione ha prodotto l’abrogazione dell’articolo 130 e il coevo assetto istituzionale delineato nel Testo Unico degli Enti locali. Ma l’attuale quadro normativo deve ritenersi abbia definitivamente delineato un modello “debole” di controlli o, piuttosto, possono ancora individuarsi margini di controllo da parte di Organi regionali sulla attività degli Enti locali? A distanza di più di 15 anni dal delineato assetto pare assistersi alla esigenza amministrativa di rigenerare il sistema dei controlli bilanciando, con cautela, le diverse esigenze degli attori che operano nell’ambito dell’amministrazione pubblica, nonostante il legislatore nazionale manifesti ancora la volontà di sopprimere il residuale controllo “indipendente” esercitato, ad esempio, dal Segretario comunale, nei confronti dell’attività amministrativa dell’Ente locale. Un ripensamento del legislatore è auspicabile ed anzi si impone, ottenendosi diversamente l’effetto di paralizzare irrimediabilmente l’azione amministrativa e demandando alla giurisdizione funzioni e ruoli di controllo che portano a snaturare il ruolo della stessa magistratura. Infatti, la inevitabile conseguenza di tale modello di controllo è quello di condurre l’amministrazione all’omissione, ossia ad un patologico “attendismo” della pronuncia giudiziaria prima di quella gestionale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/133305
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