Le accise sono state oggetto di numerose direttive comunitarie orientate ad armonizzare il prelievo su base europea; un’imposizione indiretta eterogenea, infatti, ostacolerebbe gravemente il processo di integrazione comunitaria, consentendo ai singoli Stati membri di favorire le produzioni interne a svantaggio di quelle degli altri Stati membri. Le direttive in tema di accise coerentemente costituiscono misure di carattere positivo volte ad attuare il principio di non discriminazione tramite l’affermazione del diritto della parità di trattamento di tutti i fattori produttivi e del correlativo divieto di differenziazioni finalizzate a favorire produzioni nazionali rispetto a quelle degli altri Paesi membri. L’implementazione dell’armonizzazione comunitaria ha progressivamente contrassegnato la fiscalità ambientale, caratterizzata intrinsecamente dalla imposizione indiretta stante che la ricchezza, intesa nella fattispecie come utilizzo del bene naturale, viene consumata o trasferita; e le accise, in virtù della loro struttura caratterizzante la fattispecie imponibile, si prestano, almeno astrattamente, a configurare tributi ambientali, posto che l’Unione Europea ha individuato come tributi ambientali tipici le imposte sulle emissioni inquinanti e sui prodotti inquinanti. Tuttavia, nonostante l’emersione del profilo ambientale nel processo di armonizzazione comunitario delle accise, appare problematica la configurazione tout court di tali tributi come ambientali. Invero la legislazione tributaria dei singoli Stati membri, e quella italiana in particolare, riguardante le accise riveste un ruolo di assoluto rilievo nelle politiche di bilancio; la decantata finalità ambientale appare spesso una nobile veste volta a nascondere la pressante esigenza del reperimento di risorse finanziarie. L’intervento dell’Unione Europea, in ultima analisi, si è limitato ad orientare la legislazione dei singoli Stati membri in tema di accise al fine di renderla coerente e compatibile con la finalità di tutela ambientale, anche alla luce del Trattato di Lisbona. Non è stato però ancora compiuto il passaggio ulteriore, ovvero l’adozione di tributi ambientali in senso stretto di carattere comunitario. Ove venisse adottata un’azione comune in tal senso, si scoraggerebbe ulteriormente la concorrenza fiscale tra Stati membri e si limiterebbe la frammentazione fiscale e regolamentare che distorce la concorrenza ed accresce i costi per le imprese.

Il ruolo delle accise nella tutela ambientale

Cimino Filippo Alessandro
2019-01-01

Abstract

Le accise sono state oggetto di numerose direttive comunitarie orientate ad armonizzare il prelievo su base europea; un’imposizione indiretta eterogenea, infatti, ostacolerebbe gravemente il processo di integrazione comunitaria, consentendo ai singoli Stati membri di favorire le produzioni interne a svantaggio di quelle degli altri Stati membri. Le direttive in tema di accise coerentemente costituiscono misure di carattere positivo volte ad attuare il principio di non discriminazione tramite l’affermazione del diritto della parità di trattamento di tutti i fattori produttivi e del correlativo divieto di differenziazioni finalizzate a favorire produzioni nazionali rispetto a quelle degli altri Paesi membri. L’implementazione dell’armonizzazione comunitaria ha progressivamente contrassegnato la fiscalità ambientale, caratterizzata intrinsecamente dalla imposizione indiretta stante che la ricchezza, intesa nella fattispecie come utilizzo del bene naturale, viene consumata o trasferita; e le accise, in virtù della loro struttura caratterizzante la fattispecie imponibile, si prestano, almeno astrattamente, a configurare tributi ambientali, posto che l’Unione Europea ha individuato come tributi ambientali tipici le imposte sulle emissioni inquinanti e sui prodotti inquinanti. Tuttavia, nonostante l’emersione del profilo ambientale nel processo di armonizzazione comunitario delle accise, appare problematica la configurazione tout court di tali tributi come ambientali. Invero la legislazione tributaria dei singoli Stati membri, e quella italiana in particolare, riguardante le accise riveste un ruolo di assoluto rilievo nelle politiche di bilancio; la decantata finalità ambientale appare spesso una nobile veste volta a nascondere la pressante esigenza del reperimento di risorse finanziarie. L’intervento dell’Unione Europea, in ultima analisi, si è limitato ad orientare la legislazione dei singoli Stati membri in tema di accise al fine di renderla coerente e compatibile con la finalità di tutela ambientale, anche alla luce del Trattato di Lisbona. Non è stato però ancora compiuto il passaggio ulteriore, ovvero l’adozione di tributi ambientali in senso stretto di carattere comunitario. Ove venisse adottata un’azione comune in tal senso, si scoraggerebbe ulteriormente la concorrenza fiscale tra Stati membri e si limiterebbe la frammentazione fiscale e regolamentare che distorce la concorrenza ed accresce i costi per le imprese.
2019
9788821771552
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/139238
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