Un introduzione sistematica a nuove categorie di interpretazione delle relazioni tra Società e Natura. Si parte dalla necessità di un "nuovo" approfondimento della categoria di Natura per ridefinire le relazioni con le società avanzate. Da quando le scienze biofisiche hanno sollevato il problema della crisi ambientale, identificando nel pianeta o nella Terra l’ambiente di riferimento per la specie umana, le scienze sociali si sono trovate in una trappola concettuale che ha impedito loro di pensare la Natura in termini dialettici e più ampi del solito. Nella letteratura sociologica la Natura è vista convenzionalmente come ambiente, come un “esterno” del sistema sociale, un fuori che può anche essere maltrattato al punto da cambiarne i parametri di stabilità, come nel caso del clima o della biodiversità, ma che pur sempre presenta caratteristiche di inerzia, neutralità, passività. In questa prospettiva l’ambiente è visto come epifenomeno, un contenitore di attività che può essere sia naturale sia artificiale, ma che comunque può essere tecnicamente colonizzato e controllato, addirittura occultato o trasformato in semplice esternalità economica. L’ambiente è qui ritenuto un oggetto malleabile, costruibile, pianificabile senza sosta dai sistemi tecnici che senza fine migliorano e innovano le proprie capacità di intervento sulla natura e sulle sue risorse. Le politiche ambientali sono di conseguenza considerate una risposta dal contenuto essenzialmente tecnico alla crisi ambientale, un insieme razionale di strategie, interventi, attività in grado di conservare, mettere in sicurezza o migliorare le condizioni ambientali. Anche in questi casi la Natura è, comunque, vista come un’esternalità da preservare e conservare perché può minacciare nel lungo periodo la stabilità delle società, ma soprattutto come un attrattore di investimenti, di solito di breve periodo, e come oggetto di interventi tecnici ritenuti sufficienti per ristabilire l’equilibrio perduto. In altre parole, le politiche ambientali sono ormai diventate un modo per rigenerare alcuni complessi tecno-economici riproponendoli come acceleratori di investimenti e profitti: è il caso per esempio della chimica verde, dell’energetica industriale, dell’agricoltura di precisione, dell’informatica ecologica, in generale della cosiddetta economia circolare.

Introduzione al numero 25

Angelini Aurelio
2020-01-01

Abstract

Un introduzione sistematica a nuove categorie di interpretazione delle relazioni tra Società e Natura. Si parte dalla necessità di un "nuovo" approfondimento della categoria di Natura per ridefinire le relazioni con le società avanzate. Da quando le scienze biofisiche hanno sollevato il problema della crisi ambientale, identificando nel pianeta o nella Terra l’ambiente di riferimento per la specie umana, le scienze sociali si sono trovate in una trappola concettuale che ha impedito loro di pensare la Natura in termini dialettici e più ampi del solito. Nella letteratura sociologica la Natura è vista convenzionalmente come ambiente, come un “esterno” del sistema sociale, un fuori che può anche essere maltrattato al punto da cambiarne i parametri di stabilità, come nel caso del clima o della biodiversità, ma che pur sempre presenta caratteristiche di inerzia, neutralità, passività. In questa prospettiva l’ambiente è visto come epifenomeno, un contenitore di attività che può essere sia naturale sia artificiale, ma che comunque può essere tecnicamente colonizzato e controllato, addirittura occultato o trasformato in semplice esternalità economica. L’ambiente è qui ritenuto un oggetto malleabile, costruibile, pianificabile senza sosta dai sistemi tecnici che senza fine migliorano e innovano le proprie capacità di intervento sulla natura e sulle sue risorse. Le politiche ambientali sono di conseguenza considerate una risposta dal contenuto essenzialmente tecnico alla crisi ambientale, un insieme razionale di strategie, interventi, attività in grado di conservare, mettere in sicurezza o migliorare le condizioni ambientali. Anche in questi casi la Natura è, comunque, vista come un’esternalità da preservare e conservare perché può minacciare nel lungo periodo la stabilità delle società, ma soprattutto come un attrattore di investimenti, di solito di breve periodo, e come oggetto di interventi tecnici ritenuti sufficienti per ristabilire l’equilibrio perduto. In altre parole, le politiche ambientali sono ormai diventate un modo per rigenerare alcuni complessi tecno-economici riproponendoli come acceleratori di investimenti e profitti: è il caso per esempio della chimica verde, dell’energetica industriale, dell’agricoltura di precisione, dell’informatica ecologica, in generale della cosiddetta economia circolare.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/143742
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