Sempre di più, alla Pedagogia si chiede di ergersi a garante di questa singolarità della persona e di farlo proprio ripensando la formazione nei suoi processi, nei suoi luoghi e strumenti proprio in funzione della persona e della valorizzazione di essa secondo un modello di complessità che tenga conto tanto dei contesti quanto dell’ “Altro” unico e irripetibile parimenti. Con Baldacci possiamo dire che la formazione si affaccia al panorama odierno in una duplice funzione: la prima relativa alla sua funzione di formazione professionale legata quindi all’acquisizione di conoscenze e abilità per l’esercizio di una specifica professione; la seconda funzione si rifà ad un bisogno della persona indipendente da ogni finalità contingente che non sia esclusivamente quella di un arricchimento culturale. Oggi, per quanto le due funzioni sopraccitate continuino a coesistere, si è compreso il carattere complesso della formazione che non può prediligere un aspetto a scapito dell’altro; la necessità di acquisizione di conoscenze e di abilità deve incontrarsi con la necessità, ugualmente riconosciuta come indispensabile, di riconoscersi in percorsi che danno e hanno senso e significato per la crescita della persona e ne promuovano la dimensione valoriale e culturale in senso lato. Attraverso percorsi formativi, attenti a questo tipo di necessità, occorre promuovere una formazione personale che renda la persona in grado di integrarsi e fronteggiare le sfide che provengono dal mondo del lavoro, senza rimanere bruciati o “scoppiati” come nel caso del burn-out che oggi rappresenta un rischio concreto di molte realtà professionali. L’incidenza di tale sindrome, come si dirà in seguito, raggiunge picchi massimi nelle professioni d’aiuto e in tutte quelle occupazioni che pongono il soggetto in condizioni prolungate di stress; si tratta di una sindrome complessa e multiforme che può essere affrontata attraverso strategie ed interventi volte al recupero delle risorse interiori. Negli ultimi anni, da quando la problematica è diventata un campo di interesse pedagogico, questa sindrome è stata studiata in modo diverso: tra le possibili forme di intervento troviamo: l’orientamento alla scelta professionale, potenziamento della formazione e della specializzazione, tutorato e altri interventi pedagogici che nella educazione e nella formazione trovano utili strumenti di prevenzione. Da quanto emerge dai più recenti studi sul campo, il contesto sociale, culturale, economico e non ultimo quello lavorativo, per l'uomo moderno, risulta essere la maggiore fonte di, che di volta in volta, assume forme diverse. E un problema di stress professionale presenta un duplice aspetto: quello del disagio del soggetto, in quanto persona, e quello del riflesso negativo di tale disagio sulla qualità del lavoro. Cercheremo, in questo lavoro di analizzare, alcuni aspetti legati allo stress, in generale e, in modo specifico, quelli legati alla sindrome del burn-out. Un fenomeno, quest'ultimo con delle caratteristiche proprie, sia sul versante etiologico, sia su quello degli effetti correlati tali da poter parlare di vera e propria sindrome, multifattoriale e complessa: si procederà attraverso una prospettiva sistemica, in cui il fenomeno si innesta come conseguenza di interferenze, nella interazione umana, di un Sistema- uomo entro un altro Sistema- organizzazione e, per riflesso, entro se stesso. Il seguente contributo prende le mosse da un approccio multidimensionale ad un fenomeno dilagante nella nostra società, già da parecchi anni, raggiungendo livelli preoccupanti per la salute pubblica e del sistema. La sindrome del burn-out, cosiddetta non risulta certamente un fenomeno di nuova genesi; già un ventennio fa rappresentava un campo di vivo interesse tra gli specialisti, come una sindrome di natura psicologica legata alle Helping Professions; servizi sociali, assistenza sanitaria, istruzione e tutti i servizi in genere centrati sull'aiuto alla persona, in questi anni hanno costituito luoghi privilegiati nella rilevazione del problema e dei rischi connessi. La letteratura sull'argomento è ricca di contributi centrati sui rischi del burn-out nelle Helpining Professions. In questo contesto, il fattore di rischio determinante è costituito proprio dal tipo utenza cui viene erogato il servizio. Ma il burn-out non è solo questo “….. il burn-out non colpisce solo le persone impegnate in queste professioni (socio sanitarie); in effetti, tutte le attività implicano dei contatti interpersonali (ad esempio con i colleghi e i superiori, se non proprio clienti e pazienti) e quindi tutte comportano un certo livello di tensione interpersonale"( Stefanile, 1984). E ancora, in una prospettiva sistemica di interazione, si individuano fattori di rischio, individuali ed esterni indipendenti dalla tipologia professionale cui si riferisce. Ianni e Rauss (Ianni, 1983) affermano a tal proposito: "sembra che il burn-out compaia in quelle situazioni di lavoro in cui lo stress del lavoro e del ruolo lavorativi vengono interiorizzati. Il burn-out è una patologia del lavoratore dei servizi alle persone, come funzione del contesto lavorativo ambientale del lavoro professionale. Ciò deve far riflettere sull'evidenza di una problematica complessa, di approccio multidisciplinare che porta con se' una serie di implicazioni e ambiti di ricerca di natura psicologica, sociologica, medica, pedagogica, economica, ecc.. Le stesse componenti della sindrome del burn-out ci appaiono variegate, poliformi: - può trattarsi di componenti relative all'individuo, e in tal caso prenderemo in considerazione sia quelli interni che quelli esterni, che si rifanno a concetti quali la motivazione, il senso di autoefficacia, autostima, o di impotenza legata ad un "ideale", realizzazione personale, ecc.; può trattarsi ancora di componenti relative ad aspetti del lavoro, ed in questo caso parleremmo di fattori connessi al ruolo (Faber, 1983) o al setting organizzativo, ad atteggiamenti manageriali: presenza di una leadership significativa, un cattivo clima organizzativo, ambiguità di ruolo, rapporti interpersonali; può trattarsi ancora di componenti relative a fattori socio - politico - economico e in altri termini culturale. Nel pieno rispetto di tali posizioni teoriche circa l'argomento, e nella consapevolezza dell'incidenza dei fattori emotivi cui la teoria si poggia, ci si propone, in questa sede, di mettere in evidenza la matrice etiologica del fenomeno, centrata sul soggetto "io-persona" e, quindi dell’io in relazione con il “tu” e con il “contesto”. Si propone, dunque, una visione multidimensionale dell'argomento, nell'ottica di una "umanizzazione" del fenomeno, che rintraccia le sue cause, non certo in fattori esterni quali la professione o i rapporti interpersonali o quant'altro ancora, bensì in fattori intrinseci alla persona e alla costruzione di significato. Una autentica "consapevolezza di senso" rappresenta una nitida lente dalla quale e attraverso la quale leggere la realtà, come specchio di equa significatività di se stessi. Un tale approccio al tema non può prescindere dalla constatazione del rapporto strettissimo tra uomo e lavoro, di cui documenta buona parte degli studi sull'educazione in età adulta. Numerosi sono, infatti, i riferimenti al ruolo di "identificazione esistenziale", di "riconoscimento di identità" che risiede nella "Apicalità" lavorativa: quasi che l'uomo adulto rintracciasse nella sfera professionale il senso della propria esistenza. Le varie forme di demotivazione, depersonalizzazione, cinismo, ecc. costituiscono essi stessi effetti di una causa ben più profonda che dimora in un se' spesso fragile, in cerca di continui riconoscimenti esistenziali esterni e che, non ricevendoli, ripiega nella fuga e nel distacco. Muovendo da una tale prospettiva, credo necessario un intervento educativo volto alla realizzazione di una metacognizione e metavalutazione della propria identità e del proprio processo costitutivo. Possedere una forte consapevolezza del significato del Se' e potenziarlo, oltre a costituire un presupposto indispensabile al benessere individuale, rappresenta un punto di forza nella fitta rete di relazioni entro le Organizzazioni e sintomo di salute pubblica. A tal fine andranno progettati percorsi formativi ed educativi centrati sulla persona e sul senso della sua umanità e identità; verranno privilegiati processi di empowerment atti a favorire nel soggetto la padronanza di se stesso, del proprio progetto di vita. In tal modo, questi saprà padroneggiare i diversi segnali di disequità che gli provengono dall'esterno, anzi, cosi facendo, non li percepirà neppure come tali. Le basi di tale approccio educativo vanno gettate sin dalle prime fasi della vita, puntando sulla esclusiva dimensione umana che è proprio l'educabilità, essa rende l'individuo recettivo, fin dalla più tenera età, all'acquisizione di stili di vita e di pensiero che caratterizzeranno la sua esistenza e quella della collettività come una "vita di qualità". Considerata l'aspecificità di tali argomenti, in riferimento ai contesti professionali, come fattori di rischio della sindrome del burn-out, si è strutturato un percorso di accertamento diagnostico del fenomeno in ambiti professionali diversi, al fine di apportare un contributo formativo all'attività di ricerca già esistente. Si auspica qui, come uno dei sistemi possibili per rispondere alla necessità di prevenire e gestire tali fenomeni, un investimento nella ricerca sulla formazione dei formatori. Occorre ripensare la formazione, sia negli aspetti teorici, sia in quelli metodologici al fine di formare persone, personalità e figure professionali stabili, capaci di rendersi flessibili, secondo la necessità propria di un contesto lavorativo e sociale così multiforme e variegato quale quello attuale.

Pedagogia della salute: stress e Burnout

LO PICCOLO, Alessandra
2008-01-01

Abstract

Sempre di più, alla Pedagogia si chiede di ergersi a garante di questa singolarità della persona e di farlo proprio ripensando la formazione nei suoi processi, nei suoi luoghi e strumenti proprio in funzione della persona e della valorizzazione di essa secondo un modello di complessità che tenga conto tanto dei contesti quanto dell’ “Altro” unico e irripetibile parimenti. Con Baldacci possiamo dire che la formazione si affaccia al panorama odierno in una duplice funzione: la prima relativa alla sua funzione di formazione professionale legata quindi all’acquisizione di conoscenze e abilità per l’esercizio di una specifica professione; la seconda funzione si rifà ad un bisogno della persona indipendente da ogni finalità contingente che non sia esclusivamente quella di un arricchimento culturale. Oggi, per quanto le due funzioni sopraccitate continuino a coesistere, si è compreso il carattere complesso della formazione che non può prediligere un aspetto a scapito dell’altro; la necessità di acquisizione di conoscenze e di abilità deve incontrarsi con la necessità, ugualmente riconosciuta come indispensabile, di riconoscersi in percorsi che danno e hanno senso e significato per la crescita della persona e ne promuovano la dimensione valoriale e culturale in senso lato. Attraverso percorsi formativi, attenti a questo tipo di necessità, occorre promuovere una formazione personale che renda la persona in grado di integrarsi e fronteggiare le sfide che provengono dal mondo del lavoro, senza rimanere bruciati o “scoppiati” come nel caso del burn-out che oggi rappresenta un rischio concreto di molte realtà professionali. L’incidenza di tale sindrome, come si dirà in seguito, raggiunge picchi massimi nelle professioni d’aiuto e in tutte quelle occupazioni che pongono il soggetto in condizioni prolungate di stress; si tratta di una sindrome complessa e multiforme che può essere affrontata attraverso strategie ed interventi volte al recupero delle risorse interiori. Negli ultimi anni, da quando la problematica è diventata un campo di interesse pedagogico, questa sindrome è stata studiata in modo diverso: tra le possibili forme di intervento troviamo: l’orientamento alla scelta professionale, potenziamento della formazione e della specializzazione, tutorato e altri interventi pedagogici che nella educazione e nella formazione trovano utili strumenti di prevenzione. Da quanto emerge dai più recenti studi sul campo, il contesto sociale, culturale, economico e non ultimo quello lavorativo, per l'uomo moderno, risulta essere la maggiore fonte di, che di volta in volta, assume forme diverse. E un problema di stress professionale presenta un duplice aspetto: quello del disagio del soggetto, in quanto persona, e quello del riflesso negativo di tale disagio sulla qualità del lavoro. Cercheremo, in questo lavoro di analizzare, alcuni aspetti legati allo stress, in generale e, in modo specifico, quelli legati alla sindrome del burn-out. Un fenomeno, quest'ultimo con delle caratteristiche proprie, sia sul versante etiologico, sia su quello degli effetti correlati tali da poter parlare di vera e propria sindrome, multifattoriale e complessa: si procederà attraverso una prospettiva sistemica, in cui il fenomeno si innesta come conseguenza di interferenze, nella interazione umana, di un Sistema- uomo entro un altro Sistema- organizzazione e, per riflesso, entro se stesso. Il seguente contributo prende le mosse da un approccio multidimensionale ad un fenomeno dilagante nella nostra società, già da parecchi anni, raggiungendo livelli preoccupanti per la salute pubblica e del sistema. La sindrome del burn-out, cosiddetta non risulta certamente un fenomeno di nuova genesi; già un ventennio fa rappresentava un campo di vivo interesse tra gli specialisti, come una sindrome di natura psicologica legata alle Helping Professions; servizi sociali, assistenza sanitaria, istruzione e tutti i servizi in genere centrati sull'aiuto alla persona, in questi anni hanno costituito luoghi privilegiati nella rilevazione del problema e dei rischi connessi. La letteratura sull'argomento è ricca di contributi centrati sui rischi del burn-out nelle Helpining Professions. In questo contesto, il fattore di rischio determinante è costituito proprio dal tipo utenza cui viene erogato il servizio. Ma il burn-out non è solo questo “….. il burn-out non colpisce solo le persone impegnate in queste professioni (socio sanitarie); in effetti, tutte le attività implicano dei contatti interpersonali (ad esempio con i colleghi e i superiori, se non proprio clienti e pazienti) e quindi tutte comportano un certo livello di tensione interpersonale"( Stefanile, 1984). E ancora, in una prospettiva sistemica di interazione, si individuano fattori di rischio, individuali ed esterni indipendenti dalla tipologia professionale cui si riferisce. Ianni e Rauss (Ianni, 1983) affermano a tal proposito: "sembra che il burn-out compaia in quelle situazioni di lavoro in cui lo stress del lavoro e del ruolo lavorativi vengono interiorizzati. Il burn-out è una patologia del lavoratore dei servizi alle persone, come funzione del contesto lavorativo ambientale del lavoro professionale. Ciò deve far riflettere sull'evidenza di una problematica complessa, di approccio multidisciplinare che porta con se' una serie di implicazioni e ambiti di ricerca di natura psicologica, sociologica, medica, pedagogica, economica, ecc.. Le stesse componenti della sindrome del burn-out ci appaiono variegate, poliformi: - può trattarsi di componenti relative all'individuo, e in tal caso prenderemo in considerazione sia quelli interni che quelli esterni, che si rifanno a concetti quali la motivazione, il senso di autoefficacia, autostima, o di impotenza legata ad un "ideale", realizzazione personale, ecc.; può trattarsi ancora di componenti relative ad aspetti del lavoro, ed in questo caso parleremmo di fattori connessi al ruolo (Faber, 1983) o al setting organizzativo, ad atteggiamenti manageriali: presenza di una leadership significativa, un cattivo clima organizzativo, ambiguità di ruolo, rapporti interpersonali; può trattarsi ancora di componenti relative a fattori socio - politico - economico e in altri termini culturale. Nel pieno rispetto di tali posizioni teoriche circa l'argomento, e nella consapevolezza dell'incidenza dei fattori emotivi cui la teoria si poggia, ci si propone, in questa sede, di mettere in evidenza la matrice etiologica del fenomeno, centrata sul soggetto "io-persona" e, quindi dell’io in relazione con il “tu” e con il “contesto”. Si propone, dunque, una visione multidimensionale dell'argomento, nell'ottica di una "umanizzazione" del fenomeno, che rintraccia le sue cause, non certo in fattori esterni quali la professione o i rapporti interpersonali o quant'altro ancora, bensì in fattori intrinseci alla persona e alla costruzione di significato. Una autentica "consapevolezza di senso" rappresenta una nitida lente dalla quale e attraverso la quale leggere la realtà, come specchio di equa significatività di se stessi. Un tale approccio al tema non può prescindere dalla constatazione del rapporto strettissimo tra uomo e lavoro, di cui documenta buona parte degli studi sull'educazione in età adulta. Numerosi sono, infatti, i riferimenti al ruolo di "identificazione esistenziale", di "riconoscimento di identità" che risiede nella "Apicalità" lavorativa: quasi che l'uomo adulto rintracciasse nella sfera professionale il senso della propria esistenza. Le varie forme di demotivazione, depersonalizzazione, cinismo, ecc. costituiscono essi stessi effetti di una causa ben più profonda che dimora in un se' spesso fragile, in cerca di continui riconoscimenti esistenziali esterni e che, non ricevendoli, ripiega nella fuga e nel distacco. Muovendo da una tale prospettiva, credo necessario un intervento educativo volto alla realizzazione di una metacognizione e metavalutazione della propria identità e del proprio processo costitutivo. Possedere una forte consapevolezza del significato del Se' e potenziarlo, oltre a costituire un presupposto indispensabile al benessere individuale, rappresenta un punto di forza nella fitta rete di relazioni entro le Organizzazioni e sintomo di salute pubblica. A tal fine andranno progettati percorsi formativi ed educativi centrati sulla persona e sul senso della sua umanità e identità; verranno privilegiati processi di empowerment atti a favorire nel soggetto la padronanza di se stesso, del proprio progetto di vita. In tal modo, questi saprà padroneggiare i diversi segnali di disequità che gli provengono dall'esterno, anzi, cosi facendo, non li percepirà neppure come tali. Le basi di tale approccio educativo vanno gettate sin dalle prime fasi della vita, puntando sulla esclusiva dimensione umana che è proprio l'educabilità, essa rende l'individuo recettivo, fin dalla più tenera età, all'acquisizione di stili di vita e di pensiero che caratterizzeranno la sua esistenza e quella della collettività come una "vita di qualità". Considerata l'aspecificità di tali argomenti, in riferimento ai contesti professionali, come fattori di rischio della sindrome del burn-out, si è strutturato un percorso di accertamento diagnostico del fenomeno in ambiti professionali diversi, al fine di apportare un contributo formativo all'attività di ricerca già esistente. Si auspica qui, come uno dei sistemi possibili per rispondere alla necessità di prevenire e gestire tali fenomeni, un investimento nella ricerca sulla formazione dei formatori. Occorre ripensare la formazione, sia negli aspetti teorici, sia in quelli metodologici al fine di formare persone, personalità e figure professionali stabili, capaci di rendersi flessibili, secondo la necessità propria di un contesto lavorativo e sociale così multiforme e variegato quale quello attuale.
2008
9788861520585
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/6842
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