As politics seem to be relegated to an increasingly ancillary role to the strong powers, economy and the media, pedagogy seems to have forgotten its important function as a transformational practice and an emancipating strategy, as an organizer of knowledge and a promoter of the development of all students. Education thus runs the risk of being reduced to mere technicality and purely practice for the reproduction of what exists. Only in a democratic, libertarian and liberating perspective can pedagogy and politics retrieve their ancestral bond and revitalize the role of culture, active citizenship, and effective reciprocity. Dialogue within Western tradition, put in further jeopardy by the modes of communication imposed by the pandemic, can still open up paths to awareness, social mobility, and authentic respect of all differences. The bond between pedagogy and politics needs to be reknotted to build a democratic and culturally elevated society, rejecting subalternity both to power and to other disciplines, even cognate ones. We must reject competition and the society of knowledge. Civil cohabitation, solidarity, diffuse culture, and militant commitment should become the drivers of a new encounter between pedagogy and politics on the terrain of the humanly human.

Se la politica sembra assumere un ruolo sempre più ancillare rispetto ai poteri forti dell’economia e dell’informazione, la pedagogia sembra aver dimenticato la sua più importante funzione di pratica trasformatrice e di strategia emancipatrice come organizzatrice del sapere e come promotrice dello sviluppo di tutti gli allievi. L’educazione rischia così di ridursi a banale tecnicismo e a pura pratica per la riproduzione dell’esistente. Soltanto in una prospettiva democratica, libertaria e liberatrice, pedagogia e politica possono recuperare il loro antico legame e rivitalizzare il ruolo della cultura, della cittadinanza attiva, della effettiva reciprocità. Il dialogo della tradizione occidentale, messo ulteriormente in pericolo dalle modalità comunicative imposte dalla pandemia, può ancora garantire percorsi di coscientizzazione, mobilità sociale e il vero rispetto di tutte le differenze. Va riallacciato allora il rapporto tra pedagogia e politica per costruire una società democratica e culturalmente elevata, evitando atteggiamenti di subalternità sia rispetto al potere, sia nei confronti degli altri saperi, anche se affini. Né competizione, né società della conoscenza, ma convivenza civile, solidarietà, cultura diffusa e impegno militante devono diventare i motori per un rinnovato incontro/confronto tra pedagogia e politica sul terreno dell’umanamente umano.

Pensare criticamente e educare alla democrazia

Stefano Salmeri
2021-01-01

Abstract

As politics seem to be relegated to an increasingly ancillary role to the strong powers, economy and the media, pedagogy seems to have forgotten its important function as a transformational practice and an emancipating strategy, as an organizer of knowledge and a promoter of the development of all students. Education thus runs the risk of being reduced to mere technicality and purely practice for the reproduction of what exists. Only in a democratic, libertarian and liberating perspective can pedagogy and politics retrieve their ancestral bond and revitalize the role of culture, active citizenship, and effective reciprocity. Dialogue within Western tradition, put in further jeopardy by the modes of communication imposed by the pandemic, can still open up paths to awareness, social mobility, and authentic respect of all differences. The bond between pedagogy and politics needs to be reknotted to build a democratic and culturally elevated society, rejecting subalternity both to power and to other disciplines, even cognate ones. We must reject competition and the society of knowledge. Civil cohabitation, solidarity, diffuse culture, and militant commitment should become the drivers of a new encounter between pedagogy and politics on the terrain of the humanly human.
2021
9788867608621
Se la politica sembra assumere un ruolo sempre più ancillare rispetto ai poteri forti dell’economia e dell’informazione, la pedagogia sembra aver dimenticato la sua più importante funzione di pratica trasformatrice e di strategia emancipatrice come organizzatrice del sapere e come promotrice dello sviluppo di tutti gli allievi. L’educazione rischia così di ridursi a banale tecnicismo e a pura pratica per la riproduzione dell’esistente. Soltanto in una prospettiva democratica, libertaria e liberatrice, pedagogia e politica possono recuperare il loro antico legame e rivitalizzare il ruolo della cultura, della cittadinanza attiva, della effettiva reciprocità. Il dialogo della tradizione occidentale, messo ulteriormente in pericolo dalle modalità comunicative imposte dalla pandemia, può ancora garantire percorsi di coscientizzazione, mobilità sociale e il vero rispetto di tutte le differenze. Va riallacciato allora il rapporto tra pedagogia e politica per costruire una società democratica e culturalmente elevata, evitando atteggiamenti di subalternità sia rispetto al potere, sia nei confronti degli altri saperi, anche se affini. Né competizione, né società della conoscenza, ma convivenza civile, solidarietà, cultura diffusa e impegno militante devono diventare i motori per un rinnovato incontro/confronto tra pedagogia e politica sul terreno dell’umanamente umano.
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