Gli eventi che hanno portato alla costruzione delle cupole tardosettecentesche in Sicilia centro-orientale sono lunghi e non sempre lineari, ma partono quasi sempre da un comune obbiettivo di base: conferire magnificenza e supremazia all’Ordine religioso committente, soprattutto agli occhi della cittadinanza, attraverso l’elemento che più di tutti, in una chiesa, fosse in grado di avvicinare l’uomo a Dio. L’occasione di studio di alcune cupole realizzate in Val di Noto, zona distrutta da un violento terremoto nel 1693, ha permesso di estrapolare chiari legami fra l’Ordine religioso della chiesa e le caratteristiche stilistico-costruttive della relativa cupola; caratteristiche che in generale convergono attorno alle figure di alcuni notabili architetti, principalmente di provenienza romana. Spesso tali architetti ricorrevano in più di un cantiere non solo perché carichi dell’esperienza necessaria alla costruzione di tali ardite strutture, ma anche perché erano essi stessi a fare parte dell’ordine religioso committente, all’interno del quale si formavano, che di questi si fidava, e che “prestava” quindi i propri uomini dove vi era più bisogno. È così che gli influssi della Controriforma di romana derivazione viaggiano fino alla Sicilia, e si diffondono nelle varie produzioni locali. L’obbiettivo del presente contributo è quello di raccontare, ove più evidenti, la storia di tali intrecci, grazie all’ausilio contemporaneo della ricerca storica e delle indagini sul campo, in particolare rilievi tridimensionali di alta precisione, volti a determinare la forma geometrica della cupola oggetto di studio. Quest’ultima, infatti, è la caratteristica in cui più di tutte emerge la “mano” dell’architetto, e da cui quindi è possibile dedurne le influenze. A questo proposito è interessante notare lo sforzo costante a cui i protagonisti di queste vicende sono costantemente soggetti, dovendo bilanciare le esigenze della committenza religiosa, che puntava a ottenere cupole quanto più alte e imponenti, con quelle statiche che, per quanto deducibili solo per via empirica, erano ben evidenti sia nella fiorente produzione di questo tipo di volte in tutta la Sicilia, che attraverso i racconti indiretti degli esempi “nazionali” più noti. E quando da parte dell’architetto viene meno il coraggio di innalzare eccessivamente il sesto di queste strutture, ecco che emergono una serie di interessanti espedienti atti a ingannare l’occhio, conferendo nuova maestosità anche a quelle cupole di per sé piuttosto contenute.

Le cupole tardo-barocche del Val di Noto in Sicilia. Il ruolo dei trattati, del progetto e della committenza.

Laura Floriano;Mariangela Liuzzo;
2023-01-01

Abstract

Gli eventi che hanno portato alla costruzione delle cupole tardosettecentesche in Sicilia centro-orientale sono lunghi e non sempre lineari, ma partono quasi sempre da un comune obbiettivo di base: conferire magnificenza e supremazia all’Ordine religioso committente, soprattutto agli occhi della cittadinanza, attraverso l’elemento che più di tutti, in una chiesa, fosse in grado di avvicinare l’uomo a Dio. L’occasione di studio di alcune cupole realizzate in Val di Noto, zona distrutta da un violento terremoto nel 1693, ha permesso di estrapolare chiari legami fra l’Ordine religioso della chiesa e le caratteristiche stilistico-costruttive della relativa cupola; caratteristiche che in generale convergono attorno alle figure di alcuni notabili architetti, principalmente di provenienza romana. Spesso tali architetti ricorrevano in più di un cantiere non solo perché carichi dell’esperienza necessaria alla costruzione di tali ardite strutture, ma anche perché erano essi stessi a fare parte dell’ordine religioso committente, all’interno del quale si formavano, che di questi si fidava, e che “prestava” quindi i propri uomini dove vi era più bisogno. È così che gli influssi della Controriforma di romana derivazione viaggiano fino alla Sicilia, e si diffondono nelle varie produzioni locali. L’obbiettivo del presente contributo è quello di raccontare, ove più evidenti, la storia di tali intrecci, grazie all’ausilio contemporaneo della ricerca storica e delle indagini sul campo, in particolare rilievi tridimensionali di alta precisione, volti a determinare la forma geometrica della cupola oggetto di studio. Quest’ultima, infatti, è la caratteristica in cui più di tutte emerge la “mano” dell’architetto, e da cui quindi è possibile dedurne le influenze. A questo proposito è interessante notare lo sforzo costante a cui i protagonisti di queste vicende sono costantemente soggetti, dovendo bilanciare le esigenze della committenza religiosa, che puntava a ottenere cupole quanto più alte e imponenti, con quelle statiche che, per quanto deducibili solo per via empirica, erano ben evidenti sia nella fiorente produzione di questo tipo di volte in tutta la Sicilia, che attraverso i racconti indiretti degli esempi “nazionali” più noti. E quando da parte dell’architetto viene meno il coraggio di innalzare eccessivamente il sesto di queste strutture, ecco che emergono una serie di interessanti espedienti atti a ingannare l’occhio, conferendo nuova maestosità anche a quelle cupole di per sé piuttosto contenute.
2023
978-88-9377-267-9
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/160405
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