Da quando Sir Arthur Evans pubblicò, poco più di un secolo fa, le prime osservazioni sui documenti in geroglifico cretese, la discussione relativa alla questione se i sigilli incisi con questo sistema fossero portatori di iscrizioni provviste di un’univoca e normativa esecuzione linguistica o, piuttosto, di segni grafici sprovvisti di una precisa codifica in tal senso ha punteggiato costantemente gli studi sull’argomento, né si può dire, ad oggi, essere giunta ad una conclusione condivisa. Il nodo di tale querelle è costituito dalla compresenza, sui sigilli medio-minoici, di segni di scrittura, motivi decorativi e rappresentazioni iconografiche, la quale ha indotto a definire tale sistema scrittorio, quando occorrente su glittica, variamente come una “dubious writing”, una “écriture ornamentale” o “definitely not a true writing”. Liberi dal preconcetto che l’unica lettura possibile dell’eterogeneo complesso di segni grafici ricorrenti su glittica fosse esclusivamente quella fonetica, ci si è qui interrogati su come questi dovessero essere letti nei loro diversi contesti di occorrenza, ovvero quale fosse il piano (linguistico o grafico) sul quale doveva avvenire, di volta in volta, la loro decodifica. Si è inteso, pertanto, tentare di tratteggiare un quadro interpretativo pluridimensionale dell’atto scrittorio su glittica, che tenga conto del ruolo, delle funzioni e delle connotazioni della scrittura geroglifica minoica, sulla base di una impostazione teorica definibile, in prima approssimazione, antropologica. A questo fine sono stati analizzati anche i “contorni” dell’atto scrittorio, quali la scelta dei materiali in cui sono lavorati i sigilli; il rapporto tra tipologia glittica e contenuto delle iscrizioni; gli strumenti di esecuzione dei segni; la retorica compositiva delle iscrizioni (sia sulle singole facce dei prismi sia nelle loro relazioni transfacciali); le norme grafiche operanti nella loro stesura; il rapporto tra diversi gruppi di segni in relazione al loro significato; l’uso sfragistico dei sigilli iscritti e il contesto culturale e sociale al quale risultano intimamente legati. L’analisi di tali fattori dimostra l’esistenza di una sorta di “canone” attraverso il quale i testi su sigillo venivano eseguiti, classificati e – dunque –, interpretati, essendo evidente un costante collegamento tra significato dell’iscrizione, supporto al quale è affidato, tipologia dei materiali impiegati nella sua produzione (sempre più preziosi con l’aumentare della complessità testuale e/o del significato dell’iscrizione affidata al sigillo) e categorie segniche coinvolte nell’atto scrittorio. L’insieme di questi fattori, agenti come stimoli surrogati, avrebbe suggerito la corretta decodifica del messaggio affidato alla superficie glittica, trasmesso attraverso regole e schemi condivisi e immediatamente percepibile dagli utenti del sistema, anche se veicolato su piani e attraverso codici diversi. Lungi dal rappresentare un’anomalia, infatti, la presenza congiunta di segni dallo statuto diverso si impone come una caratteristica peculiare delle iscrizioni in geroglifico minoico quando ricorrenti sul supporto glittico, dove quella attraverso il medium linguistico era solo una delle possibili codifiche. Quando operante su sigillo, infatti, il sistema dimostra di poter passare, a seconda dei contesti, dal piano della comunicazione visiva a quello della comunicazione linguistica, mettendo in atto contemporaneamente procedimenti comunicativi basati su codici diversi. In uno stato di tensione continua tra il carattere iconico e il carattere fonico dei segni, tra la natura multidimensionale dell’icona e la dimensione lineare della sequenza univoca di segni grafici normativamente eseguibili foneticamente, il registro visivo e quello scrittorio sembrano, dunque, agire parallelamente. In questo contesto, anche i segni privi di esecuzione linguistica normativa sembrano essere stati usati secondo regole riconoscibili e si dimostrano già selezionati e codificati nell’ambito del patrimonio simbolico della glittica antico e medio minoica. Ciò permettere di istituire, per la Creta del periodo prepalaziale, un collegamento tra gli stadi più antichi dell’elaborazione di sistemi semiotici caricati di un profondo valore simbolico e il patrimonio emblematico proprio della glittica. Pertanto, anche questi segni grafici (fungenti, in alcuni casi, da vere e proprie icone) appartengono al dominio dei segni codificati dalla comunità a fini comunicativi, che sembrano aver dato luogo a significati convenzionali, riproducibili e identificabili sulla scorta di competenze condivise; ciò che vi sarebbe precipitato, però, sarebbe stato immediatamente un universo concettuale (tipi cognitivi) e non la sua codificazione in termini linguistici. Dunque, quelle ricorrenti su sigillo sono “vere” iscrizioni, destinate, però, a essere lette con la retorica propria di questo supporto e secondo un processo complesso di decodifica del significato dei segni grafici. Sebbene con ampi margini di incertezze sul riconoscimento di aspetti specifici, rispetto ai quali ci si muove ancora nel campo delle ipotesi, sembra ormai chiaro che il sistema scrittorio geroglifico minoico, quando usato su supporto glittico, si configuri come il portato di un sistema semiotico con una propria, precisa fisionomia, profondamente legato alle dinamiche culturali e comunicative della società che lo ha inventato e utilizzato.

La scrittura geroglifica minoica sui sigilli. Il messaggio della glittica protopalaziale.

CIVITILLO, MATILDE
2016-01-01

Abstract

Da quando Sir Arthur Evans pubblicò, poco più di un secolo fa, le prime osservazioni sui documenti in geroglifico cretese, la discussione relativa alla questione se i sigilli incisi con questo sistema fossero portatori di iscrizioni provviste di un’univoca e normativa esecuzione linguistica o, piuttosto, di segni grafici sprovvisti di una precisa codifica in tal senso ha punteggiato costantemente gli studi sull’argomento, né si può dire, ad oggi, essere giunta ad una conclusione condivisa. Il nodo di tale querelle è costituito dalla compresenza, sui sigilli medio-minoici, di segni di scrittura, motivi decorativi e rappresentazioni iconografiche, la quale ha indotto a definire tale sistema scrittorio, quando occorrente su glittica, variamente come una “dubious writing”, una “écriture ornamentale” o “definitely not a true writing”. Liberi dal preconcetto che l’unica lettura possibile dell’eterogeneo complesso di segni grafici ricorrenti su glittica fosse esclusivamente quella fonetica, ci si è qui interrogati su come questi dovessero essere letti nei loro diversi contesti di occorrenza, ovvero quale fosse il piano (linguistico o grafico) sul quale doveva avvenire, di volta in volta, la loro decodifica. Si è inteso, pertanto, tentare di tratteggiare un quadro interpretativo pluridimensionale dell’atto scrittorio su glittica, che tenga conto del ruolo, delle funzioni e delle connotazioni della scrittura geroglifica minoica, sulla base di una impostazione teorica definibile, in prima approssimazione, antropologica. A questo fine sono stati analizzati anche i “contorni” dell’atto scrittorio, quali la scelta dei materiali in cui sono lavorati i sigilli; il rapporto tra tipologia glittica e contenuto delle iscrizioni; gli strumenti di esecuzione dei segni; la retorica compositiva delle iscrizioni (sia sulle singole facce dei prismi sia nelle loro relazioni transfacciali); le norme grafiche operanti nella loro stesura; il rapporto tra diversi gruppi di segni in relazione al loro significato; l’uso sfragistico dei sigilli iscritti e il contesto culturale e sociale al quale risultano intimamente legati. L’analisi di tali fattori dimostra l’esistenza di una sorta di “canone” attraverso il quale i testi su sigillo venivano eseguiti, classificati e – dunque –, interpretati, essendo evidente un costante collegamento tra significato dell’iscrizione, supporto al quale è affidato, tipologia dei materiali impiegati nella sua produzione (sempre più preziosi con l’aumentare della complessità testuale e/o del significato dell’iscrizione affidata al sigillo) e categorie segniche coinvolte nell’atto scrittorio. L’insieme di questi fattori, agenti come stimoli surrogati, avrebbe suggerito la corretta decodifica del messaggio affidato alla superficie glittica, trasmesso attraverso regole e schemi condivisi e immediatamente percepibile dagli utenti del sistema, anche se veicolato su piani e attraverso codici diversi. Lungi dal rappresentare un’anomalia, infatti, la presenza congiunta di segni dallo statuto diverso si impone come una caratteristica peculiare delle iscrizioni in geroglifico minoico quando ricorrenti sul supporto glittico, dove quella attraverso il medium linguistico era solo una delle possibili codifiche. Quando operante su sigillo, infatti, il sistema dimostra di poter passare, a seconda dei contesti, dal piano della comunicazione visiva a quello della comunicazione linguistica, mettendo in atto contemporaneamente procedimenti comunicativi basati su codici diversi. In uno stato di tensione continua tra il carattere iconico e il carattere fonico dei segni, tra la natura multidimensionale dell’icona e la dimensione lineare della sequenza univoca di segni grafici normativamente eseguibili foneticamente, il registro visivo e quello scrittorio sembrano, dunque, agire parallelamente. In questo contesto, anche i segni privi di esecuzione linguistica normativa sembrano essere stati usati secondo regole riconoscibili e si dimostrano già selezionati e codificati nell’ambito del patrimonio simbolico della glittica antico e medio minoica. Ciò permettere di istituire, per la Creta del periodo prepalaziale, un collegamento tra gli stadi più antichi dell’elaborazione di sistemi semiotici caricati di un profondo valore simbolico e il patrimonio emblematico proprio della glittica. Pertanto, anche questi segni grafici (fungenti, in alcuni casi, da vere e proprie icone) appartengono al dominio dei segni codificati dalla comunità a fini comunicativi, che sembrano aver dato luogo a significati convenzionali, riproducibili e identificabili sulla scorta di competenze condivise; ciò che vi sarebbe precipitato, però, sarebbe stato immediatamente un universo concettuale (tipi cognitivi) e non la sua codificazione in termini linguistici. Dunque, quelle ricorrenti su sigillo sono “vere” iscrizioni, destinate, però, a essere lette con la retorica propria di questo supporto e secondo un processo complesso di decodifica del significato dei segni grafici. Sebbene con ampi margini di incertezze sul riconoscimento di aspetti specifici, rispetto ai quali ci si muove ancora nel campo delle ipotesi, sembra ormai chiaro che il sistema scrittorio geroglifico minoico, quando usato su supporto glittico, si configuri come il portato di un sistema semiotico con una propria, precisa fisionomia, profondamente legato alle dinamiche culturali e comunicative della società che lo ha inventato e utilizzato.
2016
978-88-6227-876-8
978-88-6227-877-5
978-88-6227-878-2
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