La riduzione della resistenza ossea che predispone le persone affette ad un aumentato rischio di fratture e di disabilità è molto frequente nell’anziano. L'età avanzata è un fattore di rischio anche per le cadute che di solito si associano all’evento fratturativo. Dopo una frattura di femore circa il 5% delle persone muore nel periodo immediatamente successivo, ~20% muore entro un anno, ~30% rimane disabile, ~40% non recupera più la propria autonomia e 12-20% richiede l’istituzionalizzazione. L’impatto delle fratture femorale a lungo termine è particolarmente severo negli anziani fragili. Le fratture vertebrali possono causare dolore cronico, deformità, disfagia e ridotta funzionalità polmonare con importanti ricadute sulla qualità della vita. Dopo aver subito una frattura da fragilità il rischio di subire una successiva frattura aumenta significativamente. Le fratture da fragilità hanno causato nel 2000 circa 5,8 milioni di DALYs (disability adjusted life years) nel mondo. Nei pazienti istituzionalizzati la incidenza di fratture del femore è circa 2-3 volte maggiore rispetto alle persone che vivono in comunità. I costi diretti dell’ospedalizzazione per le fratture di femore in Italia, secondo una stima del 2002, si aggiravano intorno ai 400 milioni di euro, con un incremento di circa il 15% vs. i costi del 1999. Quando sono stati considerati anche i costi a lungo termine della riabilitazione, i costi sociali e altri costi indiretti, si sfiorava il miliardo di euro all’anno. Una stima più recente ha rilevato un aumento dei costi per l’ospedalizzazione del 36,1% e per la riabilitazione del 28,9% nei sei anni successivi alla prima stima. Le fratture da fragilità possono avviare una serie di eventi a cascata con ripercussioni a lungo termine molto negative non solo sulla salute e sulla qualità di vita dell’anziano affetto, ma anche con pesanti conseguenze in termini di economia sanitaria.

CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE DELLE FRATTURE DA FRAGILITÀ

DOMINGUEZ RODRIGUEZ, Ligia Juliana;
2014-01-01

Abstract

La riduzione della resistenza ossea che predispone le persone affette ad un aumentato rischio di fratture e di disabilità è molto frequente nell’anziano. L'età avanzata è un fattore di rischio anche per le cadute che di solito si associano all’evento fratturativo. Dopo una frattura di femore circa il 5% delle persone muore nel periodo immediatamente successivo, ~20% muore entro un anno, ~30% rimane disabile, ~40% non recupera più la propria autonomia e 12-20% richiede l’istituzionalizzazione. L’impatto delle fratture femorale a lungo termine è particolarmente severo negli anziani fragili. Le fratture vertebrali possono causare dolore cronico, deformità, disfagia e ridotta funzionalità polmonare con importanti ricadute sulla qualità della vita. Dopo aver subito una frattura da fragilità il rischio di subire una successiva frattura aumenta significativamente. Le fratture da fragilità hanno causato nel 2000 circa 5,8 milioni di DALYs (disability adjusted life years) nel mondo. Nei pazienti istituzionalizzati la incidenza di fratture del femore è circa 2-3 volte maggiore rispetto alle persone che vivono in comunità. I costi diretti dell’ospedalizzazione per le fratture di femore in Italia, secondo una stima del 2002, si aggiravano intorno ai 400 milioni di euro, con un incremento di circa il 15% vs. i costi del 1999. Quando sono stati considerati anche i costi a lungo termine della riabilitazione, i costi sociali e altri costi indiretti, si sfiorava il miliardo di euro all’anno. Una stima più recente ha rilevato un aumento dei costi per l’ospedalizzazione del 36,1% e per la riabilitazione del 28,9% nei sei anni successivi alla prima stima. Le fratture da fragilità possono avviare una serie di eventi a cascata con ripercussioni a lungo termine molto negative non solo sulla salute e sulla qualità di vita dell’anziano affetto, ma anche con pesanti conseguenze in termini di economia sanitaria.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11387/149585
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