Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono tra i farmaci più frequentemente assunti nella popolazione anziana, spesso cronicamente, anche per indicazioni non sempre giustificate. Sebbene siano farmaci ben tollerati, emergono sempre nuove e frequenti reazioni avverse. In particolare, negli ultimi anni, sono stati riportati vari case-report di ipomagnesemia insorta dopo terapia prolungata con IPP. Tuttavia, ad oggi, non è stato di-mostrato il meccanismo fisiopatologico con cui queste molecole possono indurre tale disionia. Il magnesio è il secondo catione più abbondante nella cellula e svolge ruoli chiave in molti processi intracellulari. La sua omeostasi è garantita dall’equilibrio tra l’assorbimento intestinale e l’escrezione (e riassorbimento) renale, non-ché dallo scambio con l’osso, che rappresenta più del-la metà dei suoi depositi. L’ipomagnesemia severa può causare tetania, convulsioni, aritmie cardiache, ipoparatiroidismo ed ipocalcemia/ipokaliemia. L’assorbi-mento del magnesio avviene nell’intestino in due modi: passivamente secondo gradiente di concentrazione (attraverso gli spazi paracellulari della mucosa nel piccolo intestino) e attivamente (quasi esclusivamente nel colon e nel tubulo contorto distale del rene) tramite dei trasportatori transcellulari saturabili, appartenenti alla famiglia delle proteine di canale (TRP) e chiamati TRPM6 e TRPM7. Si è ipotizzato che il deficit di magnesio associato a terapia con IPP possa essere dovuto più ad un malassorbimento intestinale del catione che ad una sua perdita renale, in quanto, nei casi riportati, la magnesuria è risultata ridotta. Descriviamo il caso di un uomo di 74 anni ricoverato presso l’U.O.C. di Geriatria del Policlinico Universitario di Palermo nel mese di marzo 2017 per grave ipocalcemia e ipomagnesemia.

IPOMAGNESEMIA GRAVE CORRELATA ALL’ASSUNZIONE DI INIBITORE DI POMPA PROTONICA

Dominguez LJ;
2017-01-01

Abstract

Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono tra i farmaci più frequentemente assunti nella popolazione anziana, spesso cronicamente, anche per indicazioni non sempre giustificate. Sebbene siano farmaci ben tollerati, emergono sempre nuove e frequenti reazioni avverse. In particolare, negli ultimi anni, sono stati riportati vari case-report di ipomagnesemia insorta dopo terapia prolungata con IPP. Tuttavia, ad oggi, non è stato di-mostrato il meccanismo fisiopatologico con cui queste molecole possono indurre tale disionia. Il magnesio è il secondo catione più abbondante nella cellula e svolge ruoli chiave in molti processi intracellulari. La sua omeostasi è garantita dall’equilibrio tra l’assorbimento intestinale e l’escrezione (e riassorbimento) renale, non-ché dallo scambio con l’osso, che rappresenta più del-la metà dei suoi depositi. L’ipomagnesemia severa può causare tetania, convulsioni, aritmie cardiache, ipoparatiroidismo ed ipocalcemia/ipokaliemia. L’assorbi-mento del magnesio avviene nell’intestino in due modi: passivamente secondo gradiente di concentrazione (attraverso gli spazi paracellulari della mucosa nel piccolo intestino) e attivamente (quasi esclusivamente nel colon e nel tubulo contorto distale del rene) tramite dei trasportatori transcellulari saturabili, appartenenti alla famiglia delle proteine di canale (TRP) e chiamati TRPM6 e TRPM7. Si è ipotizzato che il deficit di magnesio associato a terapia con IPP possa essere dovuto più ad un malassorbimento intestinale del catione che ad una sua perdita renale, in quanto, nei casi riportati, la magnesuria è risultata ridotta. Descriviamo il caso di un uomo di 74 anni ricoverato presso l’U.O.C. di Geriatria del Policlinico Universitario di Palermo nel mese di marzo 2017 per grave ipocalcemia e ipomagnesemia.
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