La comparsa nella città cinese di Wuhan, nella provincia dello Hubei, di un’ignota malattia respiratoria sul finire del 2019, ha spinto il World Health Organization (WHO) a proclamare il 30 gennaio 2020 lo stato di Public health emergency international concern (PHEIC) (WHO, 2020a). Un nuovo virus, appartenente alla famiglia dei coronavirus, denominato prima 2019-nCoV e successivamente Sars-CoV-2, ha fatto il suo ingresso sulla scena mondiale destando allarme e preoccupazioni nelle autorità sanitarie e nei governi di tutto il mondo. In effetti, il quadro epidemiologico che giorno dopo giorno ha dispiegato tutta la sua pericolosità per i ritmi inarrestabili di progressione del contagio e i rischi per la salute delle persone, tuttora avvolto da un alone di imprevedibilità e inconoscibilità, in assenza di un vaccino e di protocolli terapeutici specifici, continua a preoccupare il mondo intero. A un’iniziale reazione di silenzio globale è seguita un’esplosione di stati emotivi incontrollati, quasi isterici, talora ammantati di profetismo mistico, talaltra motivati da suggestioni di tipo ascetico, con attribuzioni di significati morali, quasi divinatori, alla malattia. In ogni caso, emozioni come paura, rabbia, gioia e speranza si sono alternate, combinate, associate, ossessivamente in un turbinio irrefrenabile di manifestazioni individuali e collettive. Il presente lavoro esplora la dimensione sociale delle conseguenze emotive che la pandemia da Covid-19 ha determinato nelle vite delle persone sia direttamente, per il quadro di grave morbilità ed elevata mortalità, che indirettamente, acuendo preesistenti condizioni di disuguaglianza economica e impoverimento sociale. Il lavoro indaga l’universo delle emozioni emerse durante la pandemia, siano esse positive o negative, attraverso la teoria sociologica e, in particolare, attraverso i contributi sia di studiosi classici, da Émile Durkheim a Max Weber, da Gabriel Tarde a Georg Simmel, da Norbert Elias a Erving Goffman fino a Talcott Parsorns, che di studiosi contemporanei, da David Kemper a Norman Denzin, da Randall Collins a Arlie Russell Hochschild, da Eduardo Bericat fino a Martha Nussbaum

Il virus, la rabbia, la paura. Effetti di un lockdown delle emozioni

Guarino Carmelo
2020-01-01

Abstract

La comparsa nella città cinese di Wuhan, nella provincia dello Hubei, di un’ignota malattia respiratoria sul finire del 2019, ha spinto il World Health Organization (WHO) a proclamare il 30 gennaio 2020 lo stato di Public health emergency international concern (PHEIC) (WHO, 2020a). Un nuovo virus, appartenente alla famiglia dei coronavirus, denominato prima 2019-nCoV e successivamente Sars-CoV-2, ha fatto il suo ingresso sulla scena mondiale destando allarme e preoccupazioni nelle autorità sanitarie e nei governi di tutto il mondo. In effetti, il quadro epidemiologico che giorno dopo giorno ha dispiegato tutta la sua pericolosità per i ritmi inarrestabili di progressione del contagio e i rischi per la salute delle persone, tuttora avvolto da un alone di imprevedibilità e inconoscibilità, in assenza di un vaccino e di protocolli terapeutici specifici, continua a preoccupare il mondo intero. A un’iniziale reazione di silenzio globale è seguita un’esplosione di stati emotivi incontrollati, quasi isterici, talora ammantati di profetismo mistico, talaltra motivati da suggestioni di tipo ascetico, con attribuzioni di significati morali, quasi divinatori, alla malattia. In ogni caso, emozioni come paura, rabbia, gioia e speranza si sono alternate, combinate, associate, ossessivamente in un turbinio irrefrenabile di manifestazioni individuali e collettive. Il presente lavoro esplora la dimensione sociale delle conseguenze emotive che la pandemia da Covid-19 ha determinato nelle vite delle persone sia direttamente, per il quadro di grave morbilità ed elevata mortalità, che indirettamente, acuendo preesistenti condizioni di disuguaglianza economica e impoverimento sociale. Il lavoro indaga l’universo delle emozioni emerse durante la pandemia, siano esse positive o negative, attraverso la teoria sociologica e, in particolare, attraverso i contributi sia di studiosi classici, da Émile Durkheim a Max Weber, da Gabriel Tarde a Georg Simmel, da Norbert Elias a Erving Goffman fino a Talcott Parsorns, che di studiosi contemporanei, da David Kemper a Norman Denzin, da Randall Collins a Arlie Russell Hochschild, da Eduardo Bericat fino a Martha Nussbaum
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