È utile per il paziente che l'analista sveli aspetti della propria vita, i propri pensieri, sentimenti, motivazioni, fantasie, sogni, aspettative? In psicoanalisi, attorno alla self-disclosure dell'analista c'è ancora oggi un vivace dibattito fra chi è apertamente contrario e chi a favore. A queste due posizioni se ne aggiunge una terza più cauta: quella di coloro che, pur riconoscendo l'utilità dell'autosvelamento, consigliano di farlo quando necessario. Coloro che aderiscono ad una visione dell'analisi centrata sull'idea della frustrazione, descrivono la self-disclosure come un atto che priva l'analista della sua funzione terapeutica, limitando significativamente l'efficacia del trattamento. All'opposto si collocano coloro che considerano necessario che l'analista giochi "a carte scoperte", affinché la relazione analitica sia un'esperienza umana e affettiva con effetti positivi sul processo di guarigione. Tra questi due estremi si collocano coloro che sostengono che quando l'autosvelarsi o il non farlo, da parte dell'analista, diventa una posizione analitica fissa e non modulata c'è il rischio che si crei un'atmosfera insicura dal punto di vista relazionale e affettivo; per questo motivo l'analista dovrebbe valutare responsabilmente, volta per volta, la necessità di un proprio autosvelamento. Intrecciando riflessioni generali sulla relazione analitica con quelle specifiche sulle caratteristiche e le funzioni della self-disclosure dell'analista, il volume si rivolge ad analisti, psicoterapeuti e a tutti coloro che sono interessati a comprendere le dinamiche che intercorrono nella relazione di cura.
Menti che si svelano. Caratteristiche e funzioni della self-disclosure dell'analista
G. Craparo
2024-01-01
Abstract
È utile per il paziente che l'analista sveli aspetti della propria vita, i propri pensieri, sentimenti, motivazioni, fantasie, sogni, aspettative? In psicoanalisi, attorno alla self-disclosure dell'analista c'è ancora oggi un vivace dibattito fra chi è apertamente contrario e chi a favore. A queste due posizioni se ne aggiunge una terza più cauta: quella di coloro che, pur riconoscendo l'utilità dell'autosvelamento, consigliano di farlo quando necessario. Coloro che aderiscono ad una visione dell'analisi centrata sull'idea della frustrazione, descrivono la self-disclosure come un atto che priva l'analista della sua funzione terapeutica, limitando significativamente l'efficacia del trattamento. All'opposto si collocano coloro che considerano necessario che l'analista giochi "a carte scoperte", affinché la relazione analitica sia un'esperienza umana e affettiva con effetti positivi sul processo di guarigione. Tra questi due estremi si collocano coloro che sostengono che quando l'autosvelarsi o il non farlo, da parte dell'analista, diventa una posizione analitica fissa e non modulata c'è il rischio che si crei un'atmosfera insicura dal punto di vista relazionale e affettivo; per questo motivo l'analista dovrebbe valutare responsabilmente, volta per volta, la necessità di un proprio autosvelamento. Intrecciando riflessioni generali sulla relazione analitica con quelle specifiche sulle caratteristiche e le funzioni della self-disclosure dell'analista, il volume si rivolge ad analisti, psicoterapeuti e a tutti coloro che sono interessati a comprendere le dinamiche che intercorrono nella relazione di cura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.