Il contributo analizza un recente orientamento giuscontabile in materia di prestazione di fatto, in un caso di falsa attestazione del possesso di un titolo di studio da parte del dipendente pubblico al momento dell’assunzione. La decisione in commento si colloca in una posizione mediana tra l’orientamento che ritiene inappli-cabile tout court la disciplina di salvaguardia della prestazione lavorativa effettivamente svolta di cui all’art. 2126 c.c., e un altro più recente orientamento incline a riconoscere la remunerabilità della prestazione svolta anche in assenza di titolo idoneo. In particolare, in caso di mansioni lavorative generiche e suscettibili di essere svolte anche in assenza di un titolo di studio adeguato, le retribuzioni eventualmente erogate in favore del lavoratore non sono da considerare del tutto indebite e, dunque, solo parzialmente foriere di danno erariale; per-tanto la Corte ammette un’applicazione dell’art. 2126 c.c. “temperata” dall’applicazione del princi-pio della “compensatio lucri cum damno” contabile e condanna il lavoratore alla restituzione della metà delle retribuzioni percepite. Il contributo, tuttavia, sottopone l’orientamento a un ulteriore stress test, per valutarne la correttezza logico-giuridica sul piano più strettamente rimediale e soprattutto per verificarne la tenuta in termini di coerenza tra inquadramento della fattispecie e disciplina applicabile.
TUTELA DELLA PRESTAZIONE DI FATTO E DANNO ERARIALE: UN RECENTE ORIENTAMENTO GIUSCONTABILE
Alessia Gabriele
2025-01-01
Abstract
Il contributo analizza un recente orientamento giuscontabile in materia di prestazione di fatto, in un caso di falsa attestazione del possesso di un titolo di studio da parte del dipendente pubblico al momento dell’assunzione. La decisione in commento si colloca in una posizione mediana tra l’orientamento che ritiene inappli-cabile tout court la disciplina di salvaguardia della prestazione lavorativa effettivamente svolta di cui all’art. 2126 c.c., e un altro più recente orientamento incline a riconoscere la remunerabilità della prestazione svolta anche in assenza di titolo idoneo. In particolare, in caso di mansioni lavorative generiche e suscettibili di essere svolte anche in assenza di un titolo di studio adeguato, le retribuzioni eventualmente erogate in favore del lavoratore non sono da considerare del tutto indebite e, dunque, solo parzialmente foriere di danno erariale; per-tanto la Corte ammette un’applicazione dell’art. 2126 c.c. “temperata” dall’applicazione del princi-pio della “compensatio lucri cum damno” contabile e condanna il lavoratore alla restituzione della metà delle retribuzioni percepite. Il contributo, tuttavia, sottopone l’orientamento a un ulteriore stress test, per valutarne la correttezza logico-giuridica sul piano più strettamente rimediale e soprattutto per verificarne la tenuta in termini di coerenza tra inquadramento della fattispecie e disciplina applicabile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


